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Addizionale provinciale accise energia elettrica 2010 e 2011 - possibilità di richiedere il rimborso al fornitore. L’ha chiarito la Cassazione

L’addizionale del 2010 e 2011, stabilita in Italia era incompatibile con la normativa comunitaria e quindi dal 01/01/2012 è stata abrogata. Per ottenere il rimborso quasi sicura l’azione legale

 

Con due sentenze della Corte di Cassazione (la n. 27099 e la n. 27101 del 23/10/2019) è stato chiarito che “le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all’art. 6, comma 3, del d.l. 511 del 1988, sono dovute, al pari delle accise, dal fornitore al momento della fornitura di energia elettrica al consumatore finale e, nel caso di pagamento indebito, unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 504 del 1995 e dell’art. 29, comma 2, della legge n. 428 del 1990 è il fornitore”.

Il consumatore finale dell’energia elettrica, a cui sono state addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all’art. 6, comma 3, del d.l. n. 511 del 1988 da parte del fornitore, può agire nei confronti di quest’ultimo con l’ordinaria azione di ripetizione di indebito e, solo nel caso in cui tale azione si riveli impossibile o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione in cui si trova il fornitore, può eccezionalmente chiedere il rimborso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività e previa allegazione e dimostrazione delle circostanze di fatto che giustificano tale legittimazione straordinaria.” 

Le due sentenze della Cassazione citate e di cui si riporta sopra un estratto delle stesse, dichiarano l’inapplicabilità delle norme istitutive dell’addizionale provinciale sull’accisa relativa l’energia elettrica (abrogata nel 2012) in quanto incompatibili con la normativa della Comunità Europea (Direttiva 2008/118/CE). Da qui la possibilità di richiedere il rimborso di quanto indebitamente versato negli anni 2010 e 2011. Di conseguenza ogni impresa che abbia pagato in quegli anni le addizionali citate (addebitate dai fornitori nelle bollette), può chiederne il rimborso al fornitore di energia elettrica dei due anni in questione.

Viene inoltre chiarito dalle sentenze che il fornitore di energia elettrica potrà richiedere a sua volta il rimborso all’Agenzia della Dogane una volta superati i tre gradi di giudizio. In pratica l’unica via per il fornitore – che è un soggetto passante – per avere a sua volta la certezza del risarcimento, è quella di opporsi per vie legali al consumatore finale (impresa) e fare ricorso, probabilmente fino alla Cassazione, la quale dovrà imporre al fornitore stesso di restituire il denaro all’impresa. Questo consentirà poi al fornitore di chiedere il risarcimento all’Agenzia delle Dogane.

Vale la pena di evidenziare che l’addizionale provinciale sull’accisa è stata applicata sul prelievo di energia elettrica fino a 200.000 kWh mensili e fino alla data della sua abrogazione, avvenuta il 31/12/2011. L’aliquota pagata in bolletta era stabilita dalle singole province e variava con un importo compreso tra 0,0093 €/kWh e 0,0114 €/kWh. Pertanto se si considera il consumo massimo su cui veniva addebitata l’addizionale provinciale (200.000 kWh mensili), il costo massimo sostenuto arrivava a poco più di 27.000 €/anno.

Conseguenze delle sentenze

Purtroppo i rimborsi, qualora dovuti, non scattano in automatico, ma bensì il consumatore finale dovrà agire nei confronti del fornitore di energia elettrica, salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria quando l’azione esperibile nei confronti del fornitore stesso si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore).

Va evidenziato inoltre che, poiché il rapporto tra fornitore e consumatore ha natura civilistica, l’azione di recupero si prescrive nel termine di 10 anni dal pagamento delle bollette (e quindi dell’addizionale provinciale sulle accise). Questo significa che i primi mesi del 2010 sono già stati prescritti visto che siamo già a maggio del 2020. Inoltre si tratta di valutare la convenienza o meno di agire nei confronti del fornitore di energia elettrica del 2010 e 2011.

Rimane comunque chiaro che le sentenze di Cassazione non fanno legge (seppure ne delineano le interpretazioni), e valgono solo per il caso specifico proposto.

Cosa deve fare il soggetto interessato a chiedere la restituzione delle addizionali provinciali sulle accise del 2010 e 2011

1) Valutare se ci sono le condizioni per richiedere la restituzione delle addizionali provinciali sulle accise: verificare se si è in possesso delle bollette / fatture dell’energia elettrica del 2010/2011 e se è in grado di dimostrare gli avvenuti pagamenti;

2) valutare la convenienza economica dell’azione da attivare nei confronti del/i fornitori (possono essere più di uno nel 2010 e 2011). È molto probabile che l’azione da attivare nei confronti del/i fornitore/i necessiti del supporto di un legale. Difficile e poco credibile, ancorché auspicabile, che il fornitore su semplice diffida (che peraltro deve essere ben strutturata) restituisca quanto incassato ma non dovuto.   

3) avvalersi di un soggetto capace e competente (studio legale) in grado di assistere l’azienda nel percorso da attivare fino al terzo grado di giudizio (Cassazione).

Rispetto al punto 3, il consorzio CAEM, promosso da Confartigianato Vicenza, ha strutturato una proposta di assistenza con lo Studio Legale Tributario Prof. Avv. Loris Tosi di Mestre. L’assistenza sarà diretta e senza intermediazione, se non per il semplice contatto, a partire dalla diffida al fornitore fino al terzo grado di giudizio. Vale la pena di segnalare che, visti gli inevitabili costi legali e di giudizio, l’accordo fatto con lo studio citato potrà valere solo per cifre da richiedere al singolo fornitore non inferiori a 8.000 euro.

E’ stato comunque previsto anche un servizio di assistenza per la sola diffida alla restituzione del denaro, da inviare al fornitore. Quindi per cifre inferiori a 8.000 euro. In questo caso non è prevista l’assistenza per i singoli gradi di giudizio.

Coloro che sono interessati possono contattare il CAEM per le informazioni necessarie:

Deborah Casalatina – tel. 0444/168484

Nicoletta Siddi – tel. 0444/168430

Chiara Dalle Nogare – tel. 0444/168408

Enrico Raumer – tel. 0444/168469

Mirco Zanrosso – tel. 0444/168395