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Cassazione: caduta dall’alto per lavori in quota. Responsabilità del datore di lavoro e del preposto

La sentenza conferma la responsabilità, per quanto avvenuto (caduta dall’alto a seguito di lavori in quota), dell’amministratore delegato e del preposto

Il datore di lavoro ovvero l’amministratore delegato dell’azienda ometteva “l’effettuazione di qualsivoglia attività di formazione e informazione del personale nonché la predisposizione di idonee procedure connesse alle attività da compiere in ambienti sopraelevati, con pericolo di caduta dall'alto, e omettendo, inoltre, di dare adeguate istruzioni”.

Il preposto di fatto ometteva “di controllare l'effettiva consistenza della superficie del tetto e quindi la calpestabilità dello stesso”.

Entrambi i soggetti “consentivano e comunque non impedivano che il dipendente, dopo essersi portato sul tetto di una costruzione, mediante il carrello elevatore, vi scendesse e sostasse, senza alcun presidio anticaduta, spostandosi sullo stesso e precipitando al suolo, a seguito del cedimento di una lastra”.

In particolare per quanto riguarda la figura del preposto di fatto, la Cassazione precisa che “ove il preposto non si fosse sentito preparato a svolgere tali funzioni, proprio perché non specificamente formato, non avrebbe dovuto assumerle. In tali casi, infatti, l'addebito di colpa consiste proprio nell'aver intrapreso un'attività che non si è in grado di svolgere adeguatamente, non avendo le conoscenze o le capacità necessarie (colpa per assunzione). Infatti, l'esplicare le mansioni inerenti a un determinato ruolo, nel contesto dell'attività lavorativa, comporta la capacità di saper riconoscere ed affrontare i rischi e i problemi inerenti a quelle mansioni, secondo lo standard di diligenza, di capacità, di esperienza, di preparazione tecnica richiesto per il corretto svolgimento di quel determinato ruolo, con la correlativa assunzione di responsabilità. Ne deriva che chi, non essendo all'altezza del compito assunto, esplichi una certa funzione senza farsi carico di procurarsi tutti i dati tecnici e le conoscenze necessarie per esercitarla adeguatamente, nel caso in cui ne derivino dei danni, risponde di questi ultimi.

In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 10/04/2017, n. 18090.