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Decreto Legislativo n. 81/2015: disciplina organica dei rapporti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni.

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015, il Decreto Legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 con le disposizioni in materia di riordino delle tipologie contrattuali.

In data 24 giugno 2015 è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il terzo decreto legislativo attuativo della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Legge Delega sul Jobs Act), il quale rappresenta un testo organico semplificato delle tipologie contrattuali ed i rapporti di lavoro ed il riordino della normativa in materia di mansioni

Di seguito proponiamo una sintesi delle principali novità per singolo rapporto di lavoro introdotte dal decreto legislativo.

           1. Contratto di lavoro a tempo parziale

In nuovo decreto legislativo modifica notevolmente le disposizioni di cui all’abrogato D. Lgs. 61/2000 in materia di contratto a tempo parziale. I caratteri peculiari della nuova disciplina possono riassumersi nei seguenti punti:

  • Eliminazione della classica tripartizione del contratto part-time in “orizzontale, verticale e misto”.
  • Nel contratto deve essere data puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario di lavoro con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
  • Con riferimento al lavoro supplementare, il decreto demanda ai contratti collettivi (nazionali, territoriali, aziendali) la previsione delle modalità e della quantità di lavoro supplementare, nonché della maggiorazione retributiva in misura forfettaria e delle conseguenze connesse al superamento dei limiti previsti. Nel caso di assenza di disciplina contrattuale, lo svolgimento di lavoro supplementare è subordinato al consenso del lavoratore e non può eccedere la misura del 25% delle ore di lavoro settimanali concordate. Per le ore supplementari la legge fissa la maggiorazione al 15% della retribuzione oraria globale di fatto (comprensiva di ogni incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi diretti e differiti).
  • Scompare la distinzione fra clausole elastiche e clausole flessibili: queste ultime vengono assorbite, a livello definitorio, dalle prime. In sostanza con il termine clausole elastiche si intende tanto la “variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa” quanto la “variazione in aumento della durata delle prestazione lavorativa”. Nell’ipotesi in cui il contratto collettivo applicato al rapporto non contenga una specifica disciplina, le parti potranno concordare queste ultime davanti alle commissioni di certificazione. Le predette clausole dovranno prevedere, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro, con preavviso di due giorni lavorativi, potrà modificare la collocazione temporale della prestazione e variarne in aumento la durata, nonché la misura massima dell’aumento, nel limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale. Dovrà inoltre essere prevista una maggiorazione della retribuzione pari al 15% (comprensiva di ogni incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi diretti e differiti).
  • Si precisa che la trasformazione del rapporto da full time a part time deve risultare da atto scritto e che il rifiuto del lavoratore alla trasformazione del rapporto non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Il decreto prevede un distinzione fra soggetti aventi diritto alla trasformazione del rapporto e soggetti con priorità nella trasformazione del rapporto.
    • Soggetti con diritto alla trasformazione del rapporto da full-time a part-time: lavoratori/trici affetti da gravi patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti.
    • Soggetti con priorità nella trasformazione del rapporto da full-time a part-time: lavoratori/trici nei casi di:
      • Patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori;
      • L’assistenza di familiare convivente con totale o permanente inabilità lavorativa (ex legge 104/1992) con necessità di assistenza continua;
      • Figlio convivente di età non superiore a 13 anni o portatore di handicap (ex legge 104/1992).

Il decreto prevede inoltre che il lavoratore possa chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro part-time per un periodo corrispondente, con una riduzione dell’orario non superiore al 50%.

  • Il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro part-time ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello e categoria rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale.2. Contratto di lavoro intermittente (o a chiamata)

Il D. Lgs. 81/2015 riprende senza modifiche sostanziali la disciplina in materia di contratto a chiamata  già contenuta nel D. Lgs. 276/2003.

Si ricorda che il ricorso al contratto di lavoro intermittente è ammesso per non più di 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari (per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro) per le causali oggettive individuate dai contratti collettivi o, in assenza di CCNL, per i casi individuati con decreto del Ministero del Lavoro. Il lavoro a chiamata è in ogni caso ammesso con soggetti con più di 55 anni di età e meno di 24 anni di età (in questo caso la prestazione lavorativa deve svolgersi entro il 25° anno di età). Al riguardo l’art. 51 del nuovo decreto stabilisce che fino all’emanazione dei diversi decreti richiamati nelle sue disposizioni continuano ad applicarsi le regolamentazioni vigenti. Si ritiene pertanto, anche se sembra auspicabile un intervento chiarificatore del ministero, che sia ancora possibile procedere all’assunzione di lavoratori a chiamata prendendo a riferimento la tabella di cui al Regio Decreto 2657/1923.

Permane l’obbligo di comunicazione preventiva alla DTL competente per territorio dell’inizio della prestazione. Tale comunicazione deve avvenire a mezzo sms o posta elettronica, secondo le modalità da definirsi con decreto del Ministero del lavoro. L’omessa comunicazione è passibile di una sanzione amministrativa pecuniaria di un importo compreso fra 400 euro e 2.400 euro per ogni lavoratore la cui comunicazione sia stata omessa.

          3. Contratto di lavoro a tempo determinato

Il D. Lgs. 81/2015 apporta alcune modifiche alla vigente disciplina del contratto di lavoro a termine. Gli elementi caratterizzanti tale rapporto di lavoro si possono così sintetizzare:

  • Limite massimo di durata pari a 36 mesi, anche nel caso di successione di contratti a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro. Sono fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi. Ai fini del computo dei 36 mesi si tiene altresì conto dei periodi di missione tra i medesimi soggetti nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.
  • Salvo i diversi limiti quantitativi previsti dal contratti collettivi, il numero complessivo dei lavoratori che possono essere assunti con contratto a tempo determinato non può essere superiore al 20% rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. In caso di inizio attività nel corso dell’anno il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Sono esenti da tale limite quantitativo i contratti a termine stipulati: a) per sostituzione di lavoratori assenti (non in sciopero), b) con lavoratori di età superiore a 50 anni, c) per svolgimento di attività stagionali, d) da imprese start-up innovative e, e) nella fase di avvio di nuove attività.

Nel caso di violazione del limite percentuale del 20% per ciascun lavoratore sarà applicata una sanzione pecuniaria amministrativa. In questo caso è esclusa la sanzione della trasformazione del contratto interessato in contratto a tempo indeterminato.

  • Possibilità di proroga del contratto a termine con il consenso del lavoratore per un massimo di 5 volte, solo quando la durata iniziale dello stesso sia inferiore a 36 mesi, a prescindere dal numero dei contratti. Al superamento delle cinque proroghe, è prevista la trasformazione a tempo indeterminato a decorrere della data di decorrenza della sesta proroga.
  • È consentita la riassunzione a termine del lavoratore a condizione che fra la fine del precedente contratto e l’inizio del nuovo rapporto a termine intercorra un intervallo minimo di:
    • 20 giorni se il contratto scaduto aveva durata superiore a sei mesi
    • 10 giorni per i contratti di durata pari o inferiore a sei mesi.

Qualora non siano rispettati i predetti limiti temporali, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.

  • Se il rapporto continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o in seguito prorogato, è riconosciuta al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo ed al 40% per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto continua oltre il 30° giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il 50° giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato alla scadenza dei predetti termini.
  • Il lavoratore, che nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la medesima azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nella lettera di assunzione. Esso può essere esercitato entro sei mesi (3 mesi nel caso di svolgimento di attività stagionali) dalla cessazione del rapporto a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro. Tale diritto si estingue trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.
  • Sono esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina del rapporto a termine i contratti a tempo determinato instaurati con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell’art. 8, c. 2, della Legge 223/1991.

          4. Somministrazione di lavoro

Il D. Lgs. 81/2015 conferma l’assenza delle causali giustificative per ricorrere alla somministrazione di lavoro, tanto a tempo indeterminato che a termine.  Il ricorso a tale tipologia contrattuale è però assoggettata a precisi limiti di contingentamento quantitativo stabiliti dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva. In particolare, nel caso di somministrazione a tempo indeterminato, il limite percentuale è fissato, salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, nel 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto. Quanto alla somministrazione a tempo determinato è ammessa nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) applicati dall’utilizzatore. È in ogni caso esente da limiti quantitiativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori in mobilità, di soggetti occupati che godono, da almeno 6 mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e dei lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” così come definiti dal Regolamento (UE) n. 651/2014.

Importante novità introdotta dal decreto è la possibilità per l’utilizzatore di computare nella quota di riserva di cui all’art. 3 della legge 68/1999 i lavoratori disabili in caso di “missioni di durata non inferiore a dodici mesi.

         5. Apprendistato

In tema di contratto di apprendistato le modifiche apportate dal D. Lgs. 81/2015 alla precedente disciplina interessano l’apprendistato di primo e terzo livello e sono dirette a sviluppare il metodo dell’alternanza formativa (scuola-lavoro).

Il nuovo decreto legislativo rinomina le diverse tipologie di apprendistato. Esse sono così denominate:

  1. Apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale (art. 43);
  2. Apprendistato professionalizzante (art. 44);
  3. Apprendistato di alta formazione e ricerca (art. 45);

 

A queste tre tipologie si aggiunge una particolare fattispecie rientrante nell’apprendistato professionalizzante. Tale contratto può essere stipulato, senza limiti di età, con i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità e di trattamento di disoccupazione ai fini della loro qualificazione riqualificazione professionale (art. 47, c. 4).

Si specifica che la prima e la terza tipologia fanno riferimento ai titoli di istruzione e formazione ed alle qualificazioni professionali contenuti nel relativo repertorio nazionale, di cui all’art. 8 del D.Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13, definito nell’àmbito del Quadro europeo delle qualificazioni.

Si prevede che, nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale e nell’apprendistato di alta formazione e di ricerca, il piano formativo individuale sia predisposto dall'istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimento dell’impresa.

Si specifica che, nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale, costituisce giustificato motivo di licenziamento anche il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, attestato dall’istituzione formativa di provenienza.

Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante il D. Lgs. 81/2015 riprende senza variazioni la disciplina contenuta nel T.U. dell’Apprendistato. Alle assunzioni con tale tipologia contrattuale continuano ad applicarsi le regolamentazioni previste dai diversi contratti collettivi nazionali.

Il decreto conferma che il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente, per il tramite delle agenzie di somministrazione non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro. Tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano meno di dieci unità di lavoratori. Nell'ipotesi in cui non vi siano lavoratori qualificati o siano meno di tre, il datore di lavoro può comunque assumere fino a tre apprendisti. Alle imprese artigiane si applicano le disposizioni di cui all’art. 4 della L. 443/1985 (Legge quadro artigianato).

 

         6. Contratti di collaborazione coordinata e continuativa & Associazione in partecipazione

A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno più essere attivati nuovi contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto. Si ritorna pertanto alla disciplina previgente le disposizioni del D. Lgs. 276/2003: è possibile quindi stipulare collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell’art. 409 c.p.c.

I contratti a progetto già in essere potranno proseguire fino alla loro naturale scadenza. È ammessa la proroga se funzionale alla realizzazione del progetto.

A partire dal 1° gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione continuativa si applicherà la disciplina del lavoro subordinato se la prestazione resa dal lavoratore sarà “esclusivamente personale” e se le modalità di esecuzione saranno organizzate dal committente anche con riferimento ai “tempi e al luogo di lavoro”.

Il nuovo decreto abroga la fattispecie del contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro (o con apporto misto di capitale e di lavoro), limitando tale istituto contrattuale all'ipotesi in cui l'apporto (dell'associato in partecipazione) sia costituito da un capitale.

            7. Lavoro accessorio

Il decreto ridefinisce il campo di applicazione e la disciplina del lavoro accessorio (artt. 48-50).

È elevato a 7.000 euro il limite annuo relativo all'importo complessivo, per ciascun lavoratore, del valore dei buoni orari (tale limite era pari, nel 2014, a 5.050 euro). Si conferma, in ogni caso, che nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative rese col sistema dei buoni lavoro possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro.

Per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, il decreto pone a regime la norma, già operante per gli anni 2013 e 2014, che stabilisce un limite unico di 3.000 euro annui - con riferimento, cioè, sia al valore dei buoni orari percepiti dal lavoratore sia al valore complessivo dei buoni impiegati dal singolo committente (anche pubblico), nei confronti del medesimo lavoratore.

Il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro.

Lo schema, inoltre, introduce  il divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’àmbito dell'esecuzione di appalti di opere o di servizi, salve specifiche ipotesi, individuate, entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali.

Con riguardo alle modalità di acquisto dei carnet di buoni orari, il decreto prevede in via esclusiva l'impiego di modalità telematiche, ad eccezione dei committenti non imprenditori né professionisti, i quali possono continuare ad acquistarli anche presso le rivendite autorizzate.

La comunicazione obbligatoria, prima dell'inizio della prestazione, è effettuata alla direzione territoriale del lavoro competente, mentre, nel sistema attuale del lavoro accessorio, essa è effettuata all'INPS. Si specifica, inoltre, che la comunicazione deve indicare il luogo della prestazione, con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi.

Resta fermo l'impiego, secondo la previgente disciplina e fino al 31 dicembre 2015, dei buoni già richiesti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

  • Data inserimento: 06.07.15