InformaImpresa 17 - 2013 - page 8

- la transazione con il debitore;
- l’atto di rinuncia al credito.
1. Cessione del credito pro soluto
In caso di atti realizzativi, va
verificato caso per caso
la
definitiva
inesigibilità
del credito che consente la de-
ducibilità fiscale della perdita.
A garanzia della definitività
della perdita e della sua
corretta quantificazione, l’Agenzia attribuisce
rilevanza
particolare
al fatto che, il credito sia
ceduto a banche o
altri intermediari finanziari
vigilati residenti in Italia o
in Paesi che consentono un adeguato scambio di infor-
mazioni, che risultano
indipendenti rispetto al credito-
re cedente ed al debitore ceduto.
E’ soggetta a particolare attenzione quindi, la cessione
del credito a società appartenenti allo stesso gruppo.
Sempre riguardo alla
cessione a titolo definitivo,
as-
sume
rilevanza
il fatto che la perdita sia inferiore alle
spese interne,
desumibili dalla contabilità industriale
ed
esterne
, che sarebbero state sostenute per il recu-
pero del credito.
2. Transazione con il debitore
L’Agenzia ribadisce che, se la transazione
deriva da una
lite sulla fornitura,
il relativo onere non realizza una
perdita su crediti, ma una
sopravvenienza passiva
. In
questo caso infatti, viene rideterminato il corrispettivo
pattuito in origine e il minor valore del credito non ha
origine da una inadempienza del debitore, ma da una
ricontrattazione tra le parti per la definizione della lite
sulla fornitura.
Nell’ipotesi della transazione con il debitore, si consi-
derano realizzati i
presupposti per la deducibilità
della
perdita, quando
il creditore ed il debitore non fanno
parte dello stesso gruppo
e risultano
documentate le
difficoltà finanziarie
del debitore (istanza di ristruttu-
razione presentata dal debitore o debiti insoluti anche
verso terzi).
3. Remissione del debito
La remissione del debito, è un atto unilaterale con cui
il creditore rinuncia al proprio credito a vantaggio del
debitore. L’atto ha efficacia da quando è ricevuto ed ac-
cettato dal debitore.
La
rinuncia o la remissione
del debito genera una per-
dita deducibile, solo se la stessa risulta inerente all’at-
tività di impresa e non appare come una liberalità.
L’inerenza
può essere
dimostrata
in presenza di
incon-
sistenza patrimoniale del debitore o di inopportunità
di intraprendere azioni esecutive.
La rinuncia è
conveniente
se il credito è di
modesta
entità
diversamente, la rinuncia di un credito di
rile-
vante entità
, è una
operazione rischiosa
dal punto di
vista fiscale.
PERDITE SU CREDITI DI MODESTA ENTITÀ
Gli
elementi certi e precisi
sussistono, in ogni caso,
nell’ipotesi di rilevazione in bilancio di una perdita re-
lativa a crediti di
modesta entità,
che risultano
scaduti
da almeno sei mesi.
Dopo questo termine, la perdita
può essere fiscalmente dedotta.
Il credito
si considera di modesta entità
quando am-
monta a un importo
non superiore a 5mila euro
per le
imprese
con ricavi superiori a 100 milioni di euro ed a
2.500 euro per le altre imprese.
L’importo limite
viene
verificato sul singolo credito
, eccetto nel caso di rap-
porti giuridici unitari tra le controparti.
Possono essere dedotte
le perdite sui crediti per i qua-
li
il periodo di sei mesi è decorso prima del 2012 e
la perdita è imputata a conto economico nell’esercizio
2012 o nei successivi.
Per calcolare l’ammontare del credito bisogna consi-
derare:
-
il valore nominale
al netto degli importi già riscossi;
-
il corrispettivo
riconosciuto
in sede di acquisto
, se il
credito è stato acquisito per effetto di atti traslativi;
-
l’imposta sul valore aggiunto
oggetto di rivalsa nei
confronti del debitore.
Sono irrilevanti, invece, gli interessi di mora e gli oneri
accessori addebitati al debitore in caso di inadempi-
mento.
Sono
esclusi dai crediti di modesta entità i crediti as-
sistiti da garanzia assicurativa
, per i quali l’inadempi-
mento del debitore non determina una perdita per il
creditore, ma un credito nei confronti dell’assicurazio-
ne.
Se esistono
più crediti nei confronti del medesimo de-
bitore
, bisogna distinguere fra
due diversi casi
:
- se i
rapporti giuridici sono fra loro autonomi,
la mo-
desta entità si verifica per singolo credito;
- se il
rapporto giuridico è unitario
(avviene ad esem-
pio nei contratti di somministrazione o per i premi
assicurativi) si considera
il saldo complessivo dei cre-
diti scaduti da almeno sei mesi
riconducibili al mede-
simo debitore e allo stesso rapporto contrattuale.
Il controllo della soglia
di deducibilità avviene quindi,
isolando ogni singola operazione con il cliente
, a nul-
la rilevando la circostanza che il cliente sia sempre lo
stesso.
La Circolare 26/E/2013 propone i seguenti esempi:
Esempio n. 1
Un’impresa di più rilevanti dimensioni, al termine del
periodo d’imposta ha nei confronti di un medesimo de-
bitore
due crediti scaduti da almeno sei mesi
di valore
nominale pari a:
- € 3.000
- € 4.000.
La verifica del limite quantitativo per singolo credito
consente di rispettare, per entrambi i crediti, il requi-
sito della modesta entità, senza necessità di verificare
che la somma del valore nominale dei due crediti (pari
a 7.000 euro) supererebbe il limite dei 5.000 euro sta-
bilito dalla norma.
La
soluzione
appena evidenziata è
applicabile
in pre-
senza di obbligazioni riconducibili a
rapporti giuridici
autonomi.
Non sarebbe applicabile invece nella diversa ipotesi in
cui l’obbligazione derivi da un rapporto giuridico unita-
rio tra le controparti.
Nel caso in cui le
partite creditorie si riferiscano al me-
desimo rapporto contrattuale
(come, ad esempio, nei
contratti di somministrazione o nei premi ricorrenti di
una polizza assicurativa), infatti, appare ragionevole ri-
tenere che la modesta entità debba essere verificata
prendendo a riferimento il saldo complessivo dei cre-
diti scaduti da almeno sei mesi al termine del periodo
d’imposta riconducibile allo stesso debitore e al mede-
simo rapporto contrattuale.
Esempio n. 2
Si ipotizzi un’impresa di più rilevanti dimensioni che
abbia nei confronti del medesimo debitore:
-
due crediti
derivanti da un
contratto di somministra-
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