Pneumatici fuori uso e pneumatici usati

Qualora sia provata la volontà del "disfarsi" è escluso che uno pneumatico possa essere individuato come "usato" o "ricostruibile": esso va inquadrato come rifiuto e il relativo deposito incontrollato è reato.

La Cassazione con sentenza del 6 febbraio 2020 n. 5010, ha condannato un gommista per la violazione dell’articolo 256 comma 1 del Dlgs 152/2006 (T.U. Ambientale)  per il reato di deposito incontrollato di rifiuti, nello specifico pneumatici usati di autovetture.

L'imprenditore contestava la natura degli pneumatici: egli sosteneva infatti che gli stessi fossero destinati alla ricostruzione e ricordava come il Dm 9 gennaio 2003 avesse escluso la natura di rifiuto per gli pneumatici ricostruibili.

La Suprema Corte però ha ritenuto decisiva per la condanna la prova della volontà del "disfarsi" degli pneumatici, ovvero il deposito degli stessi sul terreno adiacente i locali dell’azienda senza distinguere tra quelli fuori uso e quelli usati da avviare alla ricostruzione.

Alla luce di questa sentenza è utile soffermarsi ancora una volta sulla differenza tra “pneumatici fuori uso” e “pneumatici usati”.

Uno pneumatico fuori uso è un rifiuto, un oggetto che ha cessato di svolgere la propria funzione originaria e che spinge il produttore (gommista, autoriparatore, motoriparatore..) a disfarsene nei modi e nei limiti previsti dalla normativa ambientale vigente.

Diversamente, uno pneumatico usato ma ancora in buone condizioni può essere nuovamente impiegato per la sua funzione originaria: in questi casi non si può definire un rifiuto.

Il reimpiego/ricopertura deve ovviamente avvenire nel rispetto della disciplina tecnica di settore e del Codice della Strada per assicurare all’acquirente finale gli standard di sicurezza richiesti.

  • Data inserimento: 17.02.20