La Riforma del Mercato del Lavoro – Tematiche generali e novità sulle tipologie contrattuali.

In vigore dal 18 luglio 2012 la Legge 28 giugno 2012, n.92 recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” (c.d. riforma Fornero). Breve introduzione e novità sulle tipologie del rapporto di lavoro.

La nuova legge di riforma del lavoro prevede una progressiva e graduale entrata in vigore delle singole disposizioni a scadenze diversificate. Alcune disposizioni entrano subito in vigore con il 18 luglio 2012, altre sono previste con decorrenza 1° gennaio 2013, altre ancora avranno effetti progressivi nel corso dei prossimi anni, tra il 2013 e il 2017.

La Legge n.92/2012 è composta da 4 articoli:
-          art. 1 “Disposizioni generali, tipologie contrattuali e disciplina in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore”;
-          art. 2 “Ammortizzatori sociali”;
-          art. 3 “Tutele in costanza di rapporto di lavoro”;
-          art. 4 “Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

L’art. 1 apporta modifiche ad alcune tipologie del rapporto di lavoro quali il contratto a tempo determinato, il contratto di inserimento, il contratto di apprendistato, il contratto di lavoro a tempo parziale, il contratto di lavoro intermittente, il lavoro a progetto, le partite iva, l’associazione in partecipazione ed il lavoro accessorio.
Inoltre viene riscritto il testo dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori sulla disciplina dei licenziamenti.
Tali modifiche interessano, dunque, le imprese che occupano più di 15 dipendenti; mentre viene confermata l’esclusione delle imprese fino a 15 dipendenti dalla nuova disciplina dei licenziamenti.
Gran parte delle disposizioni dell’art. 1 entrano in vigore con il 18 luglio 2012

Gli articoli 2 e 3 riguardano le riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare gli interventi in favore dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e gli istituti dedicati ai dipendenti sospesi dal lavoro in imprese con situazioni di crisi aziendale. La gran parte di questi istituti andranno progressivamente a regime nel corso dei prossimi anni, con prime nuove disposizioni in vigore a cominciare dal 2013.  

L’art. 4 contiene una serie di novità su materie diverse, alcune delle quali interagiscono con l’operatività applicativa di altre disposizioni contenute nei precedenti articoli.

Iniziamo di seguito l’analisi delle principali novità. In questa nota vengono illustrate le novità relative alle tipologie del contratto di lavoro, contenute nell’art.1, prima parte. 

 

Art. 1 “Disposizioni generali, tipologie contrattuali e disciplina in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore”.    Parte prima: TIPOLOGIE CONTRATTUALI.

 1.  Contratto a tempo determinato (art. 1, comma 9 – 13) 

Con l’instaurazione del primo rapporto di lavoro tra un datore di lavoro ed un lavoratore, è prevista la possibilità di stipulare un contratto a tempo determinato di durata non superiore a 12 mesi senza bisogno di indicare le ragioni di carattere tecnico produttivo organizzativo sostitutivo previste dall’art. 1 del D. Lgs. 368/2001.
Tuttavia tale contratto non può essere oggetto di proroga.
Ciò vale anche per i contratti di somministrazione a tempo determinato.

Inoltre la contrattazione collettiva potrà prevedere la possibilità di ulteriori assunzioni a tempo determinato senza causale purché tali assunzioni rientrino nell’ambito di un processo organizzativo determinato da: avvio di una nuova attività, lancio di un prodotto o servizio innovativo, implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, rinnovo o proroga di una commessa consistente nel limite del 6% del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva.
Per tale ipotesi non opera il limite temporale dei 12 mesi. 

Viene prevista la possibilità di allungare il prolungamento alla scadenza di un contratto a termine per i contratti di durata inferiore a 6 mesi da 20 giorni a 30 giorni e per i contratti di durata superiore da 30 a 50 giorni, mantenendo l’obbligo di corrispondere al lavoratore le maggiorazioni retributive.
In tali casi il datore di lavoro deve comunicare al CPI territorialmente competente, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, la continuazione del rapporto di lavoro oltre il termine, indicando la durata della prosecuzione. 

Viene aumentato l’intervallo temporale che, nell’ipotesi di successione di contratti a termine, deve trascorrere tra un contratto e l’altro.
Se il contratto iniziale era di durata fino a 6 mesi, l’intervallo temporale rispetto al secondo contratto passa da 10 giorni a 60 giorni; se il contratto è di durata superiore a 6 mesi l’intervallo temporale passa da 20 giorni a 90 giorni.
E’ ammessa la possibilità per in contratti collettivi di ridurre questi periodi fino a 20 e 30 giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato da: avvio di una nuova attività, lancio di un prodotto o servizio innovativo, implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, rinnovo o proroga di una commessa consistente. 

Ai fini della durata massima dei 36 mesi (comprensiva di proroghe e rinnovi) che viene confermata dovranno computarsi anche i periodi di lavoro somministrato svolti tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro.
Le modifiche fin qui descritte sono in vigore dal 18 luglio 2012.

Viene previsto un aumento del costo dell’istituto del contratto a tempo determinato con l’introduzione di un contributo addizionale dell’1,4% della retribuzione imponibile (art. 2 comma 28-29) a carico dell’azienda.
Tale contributo addizionale entrerà in vigore dal 1° gennaio 2013 e non si applica:
a)       ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
b)       ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali. 

Dal punto di vista processuale cambiano i termini di impugnazione dei i contratti a tempo determinato.
Si passa dagli attuali 60 giorni a 120 giorni. L’impugnazione è inefficace se non è seguita dal deposito del ricorso entro il successivo termine di 180 giorni.
Tale modifica si applica alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Inoltre per i casi di illegittimità viene confermata la disciplina prevista dall’art. 32 co. 5 della Legge 183/2010 (Collegato Lavoro) che prevede la conversione a tempo indeterminato del contratto ed il riconoscimento di un’indennità risarcitoria compresa tra 2,5 e 12 mensilità.
In particolare viene chiarito che l’indennità risarcitoria ristora integralmente il danno subito dal lavoratore, comprendendo tutte le conseguenze retributive e contributive relative al periodo tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento del giudice di ricostituzione del rapporto di lavoro. 


2.  Contratto di inserimento (art. 1, comma 14 - 15) 

Viene completamente abrogata la disciplina del contratto di inserimento dal 1° gennaio 2013.
Alle assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2012 continuano ad applicarsi le disposizioni di legge vigenti prima di tale abrogazione.
Tuttavia all’art. 4 (commi 8 – 11) vengono comunque confermate le agevolazioni all’assunzione già previste per alcuni dei soggetti per i quali poteva essere stipulato il contratto di inserimento. Questi soggetti sono i lavoratori ultracinquantenni e le donne residenti nelle aree svantaggiate.
Precisamente a decorrere dal 1° gennaio 2013 per le assunzioni effettuate con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato, anche in somministrazione, di lavoratori di età non inferiore a 50 anni, disoccupati da oltre 12 mesi, spetta la riduzione del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro, per 12 mesi; se il contratto viene trasformato a tempo indeterminato la riduzione contributiva spetta per ulteriori 6 mesi.
Nel caso in cui l’assunzione di tali lavoratori avvenga direttamente a tempo indeterminato la riduzione contributiva spetta per 18 mesi

Le stesse agevolazioni si applicano alle assunzioni di:
-          donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, residenti in Regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali comunitari  e nelle aree a bassa occupabilità femminile individuate annualmente con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia;
-          donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, ovunque residenti.
 

3.  Contratto di apprendistato (art. 1, comma 16 – 19) 

Vengono apportate variazioni al TU dell’apprendistato (D. Lgs. 167/2011) , la cui disciplina è applicabile dal 26 aprile scorso.
E’ prevista una durata minima del contratto non inferiore a 6 mesi, salve durate inferiori per attività svolte in cicli stagionali.
Si chiarisce che durante il periodo di preavviso (per il settore artigiano decorrente dal termine del periodo di formazione) continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato.
Nelle assunzioni di apprendisti il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati sale da 1/1 a 3/2 (cioè è possibile assumere 3 apprendisti ogni 2 lavoratori qualificati); esclusi i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità dove tale rapporto resta di 1/1.
Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati o ne abbia in numero inferiore a 3 può assumere apprendisti in numero non superiore a 3.
Tali disposizioni non si applicano alle imprese artigiane alle quali continuano ad applicarsi i limiti di cui all’art. 4 della legge 8 agosto 1985, 443 (Legge quadro per l’artigianato). 

L’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla conferma a tempo indeterminato di almeno il 50% degli apprendisti assunti nei precedenti 36 mesi la nuova assunzione. Non si contano in questa percentuale i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa.
Tuttavia per il primo triennio dall’entrata in vigore della riforma la percentuale di conferma è fissata al 30%.
E’ comunque ammessa, anche qualora non venga rispettata tale percentuale, l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, mentre nel caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi è ammessa l’assunzione di un ulteriore apprendista

L’obbligo di conferma non si applica alle imprese con un numero di lavoratori inferiore a 10 unità.

E’ stata modificata anche la previsione delle categorie cui è estesa la durata fino a 5 anni del contratto di apprendistato: ora la norma recita “per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigianato individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento”.  

Le modifiche sono in vigore dal 18 luglio 2012 (salva la percentuale di conferma che fino al 18 luglio 2015 è fissata nella misura ridotta del 30%).
 

4.  Contratto di lavoro a tempo parziale (art. 1 comma 20) 

Le novità in materia di contratto di lavoro a tempo parziale sono relative alle clausole elastiche e flessibili.
In particolare è previsto che nei contratti collettivi vengano fissate condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l’eliminazione o la modifica di tali clausole.
E’ riconosciuta al lavoratore di avere un ripensamento rispetto alle clausole elastiche e flessibili, con facoltà dunque di revocare il consenso a tale clausole in presenza di rilevanti motivi personali previsti dalla legge  (art. 10 legge 300/70 e art. 12 bis D. Lgs. 61/200) o delle ulteriori ipotesi previste dalla contrattazione collettive.
 

5.  Contratto di lavoro intermittente (art. 1, commi 21 – 22) 

La novità principale riguarda l’introduzione dell’obbligo di comunicare alla DTL competente per territorio, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, la durata della prestazione stessa con modalità semplificate (sms, fax o posta elettronica).
La mancata comunicazione comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 per ciascun lavoratore per il quale è stata omessa la comunicazione. La sanzione non è diffidabile. 

E’ mantenuta all’art. 34 co. 2 del D. Lgs. 276/2003 la tipologia di contratto intermittente stipulata in base al requisito soggettivo dell’età del lavoratore: ma si deve trattare di soggetti con più di 55 anni di età  o soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando che in questo caso le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età. 

E’ abrogato l’art. 37 che disciplinava il lavoro intermittente per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. 

I  contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della riforma Fornero, non compatibili con le nuove disposizioni in essa contenute, cessano di produrre effetti dal 18 luglio del 2013, decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della riforma stessa. Anche per questi contratti si dovrà comunque ottemperare alla comunicazione obbligatoria preventiva già dal 18 luglio 2012.


6.  Lavoro a progetto (art. 1, commi 23 – 25) 

Nell’intento di ridurre ulteriormente qualsiasi utilizzo improprio dei contratti di lavoro a progetto:
-      viene modificata in senso più ristretto la definizione di “progetto”: che deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale da raggiungere e non può consistere in una mera riproposizione finale dell’oggetto sociale del committente, né può comportare lo svolgimento di mansioni meramente esecutive o ripetitive eventualmente definite dai contratti collettivi;
-      viene precisato che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto; la mancanza di tale specifico progetto ha come conseguenza la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
-      viene eliminato qualsiasi riferimento al “programma di lavoro o fase di esso”;
-      è introdotta la presunzione secondo la quale sono considerati rapporti di lavoro subordinato fin dalla data di costituzione quei rapporti di collaborazione nei quali l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi;
-      è ammesso il recesso delle parti prima della scadenza del termine per giusta causa: il committente può recedere prima della scadenza per oggettiva incapacità professionale del collaboratore. Non è più possibile prevedere il recesso da parte del committente, prima della scadenza del contratto tramite semplice preavviso; tale facoltà è invece mantenuta per il collaboratore, sempre che ciò sia previsto nel contratto individuale di lavoro. 

Vengono poi apportate delle modifiche all’art. 63 del D. Lgs. 276/2003 relativamente al compenso da riconoscere al collaboratore a progetto.
Viene introdotto un corrispettivo minimo che non può essere inferiore alla misura individuata in maniera specifica dai contratti collettivi; in assenza il compenso non può essere inferiore alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria per le figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza è analogo a quello del collaboratore a progetto. 

Tali disposizioni si applicano ai contratti stipulati successivamente alla data della entrata in vigore della riforma, 18 luglio 2012. 


7.  Partite IVA (art. 1, commi 26 – 27) 

Il legislatore intende razionalizzare il ricorso alle collaborazioni rese da titolari di partita IVA, prevedendo una presunzione relativa del carattere coordinato e continuativo delle collaborazioni rese da titolari di partita IVA, quando ricorrano almeno due delle seguenti condizioni

-      Durata della collaborazione complessivamente superiore a 8 mesi nell’arco dell’anno solare;
-      Il collaboratore ricavi da essa più dell’ 80% dei propri corrispettivi nell’arco dello stesso anno solare;
-      Il collaboratore fruisca di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente;
In pratica al verificarsi di due delle tre condizioni indicate, la prestazione lavorativa si considera come se fosse una collaborazione coordinata e continuativa a progetto, di conseguenza scatta l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS. 

La norma chiarisce che tale presunzione di parasubordinazione, si applica solo ai rapporti instaurati successivamente alle entrata in vigore della legge (quindi dal 18 luglio 2012), mentre per i rapporti in corso, le disposizioni trovano applicazione decorsi 12 mesi dall’entrata in vigore della legge. 

In ogni caso la presunzione di cui sopra non opera in presenza di due particolari condizioni, che rendono genuina la prestazione di lavoro autonomo con regolare partita IVA (clausola di salvaguardia):

-      Quando la prestazione sia caratterizzata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività.
-      Quando sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile (circa 18.000 euro annui) 

Va inoltre precisato che la presunzione non opera per le attività professionali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione ad un ordine professionale, ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati (spetterà ad un D.M effettuare la ricognizione di tali attività). 

Va chiarito infine che l’uso improprio della collaborazione professionale, al pari di quanto avviene per i contratti di collaborazione a progetti fittizi, potrà determinare la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato di natura subordinata.  


8.  Associazione in partecipazione con apporto di lavoro (art. 1 commi 28 – 31). 

La nuova legge interviene, sia pur marginalmente, anche sulla disciplina dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro. In particolare viene chiarito che, nel caso in cui l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione della predetta disposizione, il rapporto si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato, fatti salvi i contratti in essere che siano stati certificati. 

La norma stabilisce inoltre che per considerare genuino il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, è necessario garantire un’effettiva partecipazione agli utili e la consegna del rendiconto all’associato. Inoltre, l’apporto di lavoro dell’associato deve essere connotato da competenze teoriche di grado elevato o da particolari capacità tecnico pratiche, così come previsto in precedenza per le partite IVA. 


9.  Lavoro accessorio (art. 1, commi 32 – 33) 

La riforma interviene sul lavoro accessorio restringendone l’ambito di operatività, in particolare: 

-      L’importo dei compensi non può essere superiore a 5.000 euro nel corso di un anno solare con riferimento alla totalità dei committenti. Fermo restando il predetto limite, il compenso per le prestazioni rese nei confronti di ciascun imprenditore commerciale o professionista non può essere superiore a 2.000 euro;
-      Il corrispettivo dei buoni lavoro incassato dal lavoratore viene computato nel reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno;
-      Si introduce un valore orario per i voucher, che saranno numerati progressivamente e datati; si prevede un aggiornamento periodico sulla base del confronto con le parti sociali;
-      È previsto un adeguamento delle aliquote contributive previdenziali, in funzione degli incrementi delle aliquote contributive previste per gli iscritti alla gestione separata dell’INPS, da rideterminare con decreto Ministeriale. 

Le novità sul lavoro accessorio decorrono dal 18 luglio 2012. Comunque la norma dispone che l’attuale disciplina rimane applicabile per i buoni già richiesti al momento dell’entrata in vigore della nuova legge e comunque non oltre il 31 maggio 2013. 

 

  • Data inserimento: 17.07.12