Come già segnalato nella nota del 20 gennaio scorso, l’articolo 26 comma 8 del Regolamento 1169/2011 sull’etichettatura degli alimenti prevede che la Commissione Europea possa introdurre nuove regole per la composizione delle etichette che riportano il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento, quando il luogo di provenienza non sia lo stesso di quello del suo ingrediente primario. Per ingrediente primario si intende: "l'ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un'indicazione quantitativa".
Si tratta dunque di una norma che mira a prevenire comportamenti scorretti nella fornitura ai consumatori informazioni ingannevoli sui prodotti alimentari che facciano pensare che l'alimento abbia una determinata origine, mentre la sua origine reale è di fatto differente.
Sulla base di tale delega, la Commissione Europea ha pertanto approvato il Regolamento n. 775/2018, con cui introduce proprio le regole per indicare in etichetta il paese d'origine o il luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento, come ad esempio il grano per la pasta o il latte per i prodotti caseari.
In sintesi, per un prodotto la cui etichetta non rechi alcun marchio, denominazione, raffigurazione o altro segno o indicazione che possa evocare un determinato luogo, l’indicazione dell’origine può essere omessa.
L’informazione sul Paese d’origine è obbligatoria, invece, quando il consumatore può essere tratto in inganno a causa della sua stessa natura (come può essere il caso di alimenti tipicamente associati ad un determinato territorio) o delle informazioni, anche grafiche, che lo accompagnano. In tal caso, l’obbligo di riportare in etichetta l’indicazione di origine dell’alimento comporterà, quale conseguenza necessaria, anche l’obbligo di riportare l’origine del relativo ingrediente primario, se diversa da quella dell’alimento globalmente inteso.
Vi è una specifica relativa alle cosiddette “denominazioni usuali e generiche”: contenenti termini geografici che indicano letteralmente l’origine, ma la cui interpretazione comune non è un’indicazione dell’origine o del luogo di provenienza dell’alimento, quindi non scatta l’obbligo di indicare in etichetta il paese d'origine o il luogo di provenienza dell'ingrediente primario.
Alcuni esempi non esaustivi di nomi usuali e generici sono: zuppa inglese, cotoletta viennese, insalata russa, salame Milano, salame Napoli, pandoro di Verona, panettone Milano, cassata siciliana, bavarese, gelato malaga.
Il Regolamento 2018/775 non si applica ai prodotti c.d. “sfusi” (si applica invece ai prodotti “preimballati”).
Il Regolamento non si applica, inoltre, alle indicazioni geografiche protette, quali le DOP, IGP, STG, né ai marchi d'impresa registrati, laddove questi ultimi costituiscano un'indicazione dell'origine.
L'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza di un ingrediente primario, che non è lo stesso paese d'origine o luogo di provenienza indicato per l'alimento, dovrà essere fornita:
Il Regolamento entra in vigore il 1 giugno 2018 e si applica a partire dal 1 aprile 2020 e gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima della sua data di applicazione possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.
La Commissione Europea ha fornito – nel gennaio 2020 - alcune linee guida interpretative del Regolamento 2018/775 il cui testo è disponibile in allegato.
Si evidenzia infine che l’applicazione del regolamento 2018/775 si interseca anche con alcune normative nazionali preesistenti sul tema. L'Italia, infatti, ha già introdotto le seguenti specifiche indicazioni obbligatorie di origine (tramite decreti interministeriali):
relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori";
paste di semola di grano duro";
Resta ad oggi (e nonostante la scadenza ormai prossima) ancora non chiarito se, anche con riferimento all’indicazione di origine già disciplinata in Italia per le quattro categorie di prodotti sopra richiamate, debba essere applicata da aprile la sola norma comunitaria oppure venga prolungata, con specifici atti giuridici governativi (che dovranno comunque confrontarsi con gli eventuali obblighi di notifica comunitari) la vigenza dei 4 Decreti nazionali.