Cassazione: gestione di rifiuti non autorizzata- soggetto autore del reato- commercio ambulante di rifiuti.

Il reato di gestione non autorizzata di rifiuti è contestabile solo a chi riveste, anche di fatto, la qualifica di imprenditore o titolare di ente. Il commercio ambulante di rifiuti è ammesso solo a certe condizioni.

Il giudice per le indagini preliminari di Asti aveva assolto dal reato previsto dall’art. 256, comma 1 D.lgs. 152/2006 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) un soggetto che effettuava attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi (per lo più rottami ferrosi). Il giudice aveva fondato la propria decisione sull’assenza di “professionalità” rilevante per il D.lgs. 152/2006 (T.U. Ambientale) e sul fatto che, in seguito all’abrogazione della norma istitutiva del registro degli esercenti dei mestieri girovaghi l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante doveva ritenersi liberalizzata.

Il pubblico ministero ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza assolutoria, rilevando, tra l’altro, come l’abrogazione della norma istitutiva del registro degli esercenti dei mestieri girovaghi, non aveva affatto liberalizzato l’esercizio dell’attività di trasporto e raccolta di rifiuti in forma ambulante, essendo stata, al contrario, ripristinata la norma generale che impone l’obbligo d’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali (art. 212 D.lgs. 152/2006.)

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del pubblico ministero con sentenza 9 luglio 2014 n. 29992.

La Corte inquadra in primo luogo l’ambito di operatività dell’art. 256, comma 1, D.lgs. 152/2006: “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

  • con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  • b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.”

Secondo la sentenza citata, l’interpretazione corretta del termine “chiunque” è nel senso che il reato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio o intermediazione illecita di rifiuti è contestabile solo a chi riveste, anche di fatto, la qualifica d’imprenditore o titolare di ente.

Pertanto, solo nel caso di una condotta “occasionale “ posta in essere da soggetti non inquadrabili come titolari d’impresa o di enti, si può escludere il reato di “gestione di rifiuti non autorizzata”.

Tale ambito di operatività comporta che la disposizione è applicabile anche alle ipotesi di raccolta e di trasporto di rifiuti in forma ambulante, sempre che non si rientri nella deroga prevista dal comma 5 dell’art. 266 D.lgs. 152/2006 che stabilisce: “ Le disposizioni (…) non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio”.

L’eccezione è possibile solo se il soggetto è abilitato all’esercizio dell’attività commerciale in forma ambulante (di cui la normativa di riferimento è il D.lgs. 114/1998) e tratti rifiuti che siano oggetto del suo commercio. Cosa significa in concreto? Significa che l’attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata da soggetti abilitati allo svolgimento dell’attività in forma ambulante, non prevede l’iscrizione all’albo dei gestori dei rifiuti, con conseguente esclusione della configurabilità del reato d’illecito trasporto, purché sussistano alcune condizioni: in primo luogo, tale attività deve essere effettuata previo conseguimento del titolo abilitativo attraverso l’iscrizione alla camera di commercio e i successivi adempimenti amministrativi. In secondo luogo, si richiede che il soggetto che la esercita tratti solo rifiuti che formano oggetto del suo commercio, con la conseguenza che deve essere oggetto di adeguata verifica il settore merceologico entro il quale il commerciante è abilitato a operare, così come la riconducibilità del rifiuto trasportato all’attività autorizzata.

in pratica, la deroga prevista dall’art. 266, comma 2, opera se ricorrono due condizioni:

  1. Che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività commerciale in forma ambulante;
  2. Che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio.


Senza le condizioni indicate, l'attività condotta in mancanza delle autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni ambientali previste dallo stesso D.lgs. 152/2006, integra il reato di “gestione di rifiuti non autorizzata” (art. 256, comma 1, D.lgs. 152/2006) purché posta in essere da soggetto titolare d’impresa.

Informazioni possono essere chieste alla dott.ssa Alessandra Cargiolli del settore ambiente di Confartigianato Vicenza (tel. 0444 168357.)

  • Data inserimento: 31.07.15