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« Previous Page Table of Contents Next Page »CONTRATTUALE - LAVORO
64 Contratti di appalto e rapporti di lavoro.
Il Ministero del Lavoro chiarisce alcuni aspetti operativi riguar-danti la disciplina degli appalti con riferimento alla gestione dei rapporti di lavoro.
Con la circolare n 5 del 11 febbraio 2011, il Ministero del lavoro opera una ricognizione delle principali problematiche legate agli appalti e ai subappalti di lavori, servizi e forniture, fornendo indicazioni precise sui criteri che le imprese devono rispettare per non incorrere nella violazione delle norme che regolamentano la materia.
Posto che la disciplina degli appalti è certamente complessa e di difficile gestione, la nota del Ministero offre lo spunto per analizzare, schematicamente, gli elementi essenziali dell’istituto dell’appalto, specie in un momento come questo nel quale è sempre più frequente il riscorso a processi di esternalizzazione di diverse fasi del ciclo produttivo.
E’indubbio che la presente trattazione affronta solo alcuni aspetti della disciplina degli appalti e non può risultare esaustiva, tuttavia può essere un primo supporto a disposizione delle aziende per inquadrare le diverse problematiche connesse alla gestione degli appalti, con particolare riferimento alla gestione dei rapporti di lavoro.
APPALTO “GENUINO”
Il D.lgs. 276/03 (legge Biagi) ha apportato rilevanti modifiche in materia di appalto, con la finalità di adeguare l’istituto ad una realtà che è profondamente variata in questi ultimi anni. Ricordiamo che ai sensi dell’art. 1655 c.c. l’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro. In base alla definizione sopra citata, gli elementi che caratterizzavano l’appalto erano sostanzialmente due:
- organizzazione dei mezzi necessari, intesa di fatto come dispo-nibilità dei mezzi di produzione e dei beni materiali in capo all’appaltatore, in connessione con l’autonomia funzionale e gestionale;
- assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore.
La legge Biagi, nella prospettiva di distinguere l’appalto dalla somministrazione di lavoro, interviene ampliando notevolmente il concetto di appalto.
Infatti, l’art. 29 stabilisce che si ha un vero contratto di appalto in presenza di un’effettiva organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto.
Oggi possiamo dire che i criteri che contraddistinguono e legitti-mano il c.d. appalto genuino sono sostanzialmente tre:
1. l’organizzazione dei mezzi, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto;
2. l’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto;
3. L’assunzione del rischio di impresa da parte dell’appaltatore.
Dalla nuova definizione di appalto si può chiaramente intuire che l’elemento della disponibilità dei mezzi di produzione, che aveva identificato l’appalto in precedenza, pur rimanendo un elemento caratterizzante della fattispecie, soprattutto per particolari tipi di appalto, non appare più come elemento essenziale, mentre assume particolare rilevanza il concetto di esercizio del potere direttivo ed organizzativo sul personale impiegato, oltre, chiaramente, al rischio di impresa.
Sul punto già il Ministero, rispondendo ad un interpello del 2009, aveva affermato che non rientra nell’ambito dell’appalto illecito il caso dell’appaltatore che, nell’esercizio della propria attività, pur essendo fornito di adeguata organizzazione per l’esecuzione della prestazione o del servizio, si avvale delle attrezzature del committente in quanto sprovvisto di una macchina particolare, purchè la responsabilità del loro utilizzo rimanga totalmente in capo all’appaltatore e purchè, attraverso la fornitura di tali mezzi, non sia invertito il rischio di impresa, che deve sempre essere in capo all’appaltatore.
In sostanza, il legislatore ha voluto evidenziare che è appaltatore
colui che risulta essere l’effettivo datore di lavoro, cioè la persona cui è riconosciuto il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto.
Soprattutto negli appalti c.d. labour intensive, nei quali l’apporto di attrezzature e capitali è marginale rispetto a quello delle pre-stazioni lavorative, il criterio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori appare come elemento essenziale per qualificare un appalto genuino.
Fermo quanto sopra, va tuttavia rilevato come il concetto di or-ganizzazione dei mezzi, inteso come insieme dei beni materiali connessi all’esecuzione dell’appalto, costituisce pur sempre un elemento caratterizzante la figura dell’appalto, specie se riferita ad appalti complessi nei quali assume notevole rilevanza l’utilizzo dei mezzi.
L’altro elemento caratterizzante l’appalto lecito è rappresentato dal rischio d’impresa, inteso come elemento di incertezza che caratte-rizza i risultati economici dell’attività svolta dall’appaltatore. Sul punto la circolare ministeriale, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, elenca alcuni indici che possono rilevare la sus-sistenza del rischio d’impresa:
- L’appaltatore ha già in essere un’attività imprenditoriale che viene esercitata abitualmente;
- L’appaltatore svolge una propria attività produttiva in maniera evidente e comprovata;
- L’appaltatore opera per conto di differenti imprese da più tempo o nel medesimo arco temporale considerato.
Ricapitolando i concetti sin qui espressi, possiamo affermare che oggi l’appalto genuino può essere identificato anche sulla base del potere organizzativo dell’appaltatore nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto (l’appaltatore non deve risultare un mero intermediario di manodopera), ferma restando, soprattutto nei casi più complessi, sia la necessaria presenza di organizzazione di tipo imprenditoriale, caratterizzata dalla disponibilità dei mezzi e dei beni materiali in capo all’appaltatore, sia l’assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore.
APPALTO ILLECITO
La circolare del Ministero del lavoro ribadisce la c.d. “tolleranza zero” nei confronti dei pseudo appalti, cioè di quelle forme di appalto prive delle condizioni basilare sopra citate, che si tra-ducono, secondo quanto indicato dal Ministero, in una forma particolarmente grave di sfruttamento del lavoro.
Posto quanto sopra, va in primo luogo rilevato che a fronte di un appalto illecito, per effetto dell’art. 18, comma 5-bis del D.Lgs. 276/2003, l’utilizzatore ed il somministratore sono puniti con la pena dell’ammenda di € 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione . Trattandosi di una reato per il quale è prevista la contravvenzione, esso può essere estinto mediante l’ottemperanza al provvedimento di prescrizione obbligatoria impartito dagli ispettori del lavoro, che imporrà la cessazione immediata del pseudo appalto.
Va precisato che qualora venga accertato lo sfruttamento di minori nell’ambito dell’appalto illecito, le conseguenze sanzionatorie sono molto più pesanti; in questi casi, infatti, è prevista la pena dell’arresto fino a diciotto mesi e l’aumento dell’ammenda sopra indicata fino al sestuplo. In questi casi non è prevista la procedura della prescrizione obbligatoria.
Oltre alle conseguenze di carattere sanzionatorio, al fine di sal-vaguardare i diritti dei lavoratori, la legge prevede, a tutela degli stessi, la possibilità di chiedere direttamente la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione. In questi casi spetterà comunque alla magistratura accertare l’illiceità dell’appalto e riconoscere ai lavoratori il diritto ad essere assunti alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione di lavoro.
APPALTO FRAUDOLENTO
Nei casi in cui l’appalto illecito viene posto in essere al fine di eludere, in tutto o in parte, i diritti dei lavoratori derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratto collettivo, si rea-lizza anche l’ipotesi di reato di somministrazione fraudolenta, di cui all’art. 28 del D.Lgs. 276/2003. In questo caso il trasgressore viene punito con la ulteriore pena dell’ammenda di euro 20 per ciascun lavoratore coinvolto e per ogni giorno di impiego, che si aggiunge a quella sopra citata per l’appalto illecito.
Peraltro, in questo caso, diversamente da quanto previsto per l’appalto illecito, gli ispettori del lavoro dovranno adottare la
2 InformaImpresa Venerdì 22 aprile 2011
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