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Acque reflue industriali (scarichi): derivano da edifici o impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni. Lo sono anche quelle delle acque meteoriche di dilavamento

Definizione di acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e, in generale, dalle acque meteoriche di dilavamento; sono riconducibili alle acque reflue industriali anche le acque meteoriche di dilavamento che dilavano superfici ove vi sia la presenza di depositi di rifiuti, materie prime, prodotti, non protetti dall’azione degli agenti atmosferici, oppure in cui avvengano lavorazioni, comprese operazioni di carico e scarico, o ricorrano altre circostanze, che comportino la possibilità di dilavamento di sostanze pericolose o comunque di sostanze in grado di determinare effettivi pregiudizi ambientali.

Obbligo di autorizzazione allo scarico

L’art. 124 del decreto legislativo n. 152/2006, stabilisce che tutti gli scarichi devono essere autorizzati. La domanda di autorizzazione va presentata alla Provincia o all’Autorità d’ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L’autorizzazione deve essere rilasciata entro 90 giorni dalla ricezione della domanda e vale per quattro anni.

Art. 37 – del Piano di Tutela delle Acque della Regione del Veneto -  Acque reflue industriali

L’articolo 37 riportato nel piano regionale delle acque del Veneto, detta le regole relative al rispetto dei limiti tabellari a seconda del punto di scarico, inoltre chiarisce come devono essere organizzate le reti di raccolta. Peraltro stabilisce che le reti esistenti dovevano essere adeguate entro il 08/12/2010. Chiarisce che l’autorizzazione allo scarico in corpo idrico superficiale è rilasciata previa acquisizione del nulla osta idraulico. Precisa inoltre che il campionamento delle acque reflue industriali deve essere effettuato prima della loro immissione nella condotta e che i limiti di emissioni allo scarico sono stabiliti in funzione del recettore finale della condotta.

La delibera della Giunta regionale n. 80/2011, all’art. 40 affronta alcuni aspetti relativi ai parametri di scarico e deroghe

Scarichi di acque reflue industriali che recapitano in pubblica fognatura

L’articolo 38, del piano regionale delle acque del Veneto,  stabilisce che gli scarichi industriali che recapitano in pubblica fognatura devono rispettare le norme tecniche, le prescrizioni e i valori limiti adottati dal gestore del servizio idrico. Qualora il gestore non provveda a stabilire limiti di emissione allo scarico in fognatura delle acque reflue industriali, dovranno essere rispettati i limiti della Tabella 1, allegato B, colonna “scarico in fognatura” del Piano regionale delle acque.

La delibera della Giunta della Regione del Veneto n. 80/2011, chiarisce che “buona parte delle reti di fognatura è di tipo misto e pertanto la presenza nel territorio di allacciamenti di scarichi industriali a fognature di questa tipologia è molto diffusa; tra questi scarichi, attualmente molti beneficiano di deroghe. La motivazione è di evitare che in caso di pioggia, attraverso gli sfiori, siano rilasciati bell’ambiente ingenti carichi industriali non depurati.

A seguito dell’entrata in vigore del Pta, le attività industriali che intendono chiedere ex novo l’allacciamento in fognatura di tipo misto, con conseguente presenza di sfioratori, devono da subito, rispettare le condizioni previste dall’articolo 38 del piano. Diversamente dicasi per gli scarichi già autorizzati alla data di pubblicazione del BUR del Pta  (08/12/2009): per questi, pur persistendo l’obbligo di adeguamento, va evidenziata la carenza di una disciplina transitoria; pertanto va verificata preventivamente in via analogica la possibilità che l’adeguamento sia attuato con una tempistica che risulti rispettosa degli obiettivi di qualità imposti dalla normativa di rango comunitario.  …. Conseguentemente, mentre per le nuove domande di autorizzazione allo scarico si dovrà applicare la misura supplementare di cui all’art. 38, comma 2, del Pta, per gli scarichi esistenti, questa dovrà essere attuata entro il 2012, alla stregua di quanto previsto dall’art. 116 del dlgs 152/2006. Dato che lo scopo è quello di garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità della risorsa idrica, qualora, decorso il termine sopra indicato, si dovessero  verificare situazione di oggettiva e giustificata non conformità dello scarico, il titolare dello stesso dovrà adottare strumenti tecnici e regole gestionali che diano garanzia dell’interruzione del conferimento dei reflui, durate l’esercizio degli sfioratori in situazioni di emergenza”

Cosa dice in dettaglio l’art. 38 del Piano Tutela delle acque – scarichi di acque reflue industriali che recapitano in pubblica fognatura

1) gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in fognatura devono rispettare le norme tecniche, le prescrizioni e i valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato competente ……

2) nei casi in cui lungo la rete fognaria non siano presenti sfioratori e purché sia garantito  che lo scarico nella fognatura rispetti i limiti per esso previsti, per le acque reflue industriali il gestore della rete fognaria può stabilire limiti di emissione in fognatura i cui valori di concentrazione siano superiori a quelli della Tabella 1 allegato B (Pta), colonna “scarico in fognatura”, tranne che per i parametri elencati in Tabella 3 dell’Allegato C

3) qualora il gestore non provveda a stabilire limiti di emissione per lo scarico in fognatura delle acque reflue industriali, dovranno essere rispettati i limiti della Tabella 1, allegato B, colonna “scarico in fognatura”

4) per i cicli produttivi indicati in Tabella 2, allegato B, oltre ai limiti di emissione indicati ai commi precedenti, si applicano altresì i limiti di emissione in massa per unità di prodotto o materia prima indicati dalla medesima Tabella 2

5) I gestori della fognatura devono inviare alla provincia e all’AAto, con cadenza annuale, su supporto informatico, l’elenco degli insediamenti produttivi autorizzati allo scarico in pubblica fognatura.

Art. 39 del Piano Tutela dell’Acque – Acque meteoriche di dilavamento, acque di prima pioggia e acque di lavaggio

Anzitutto è bene ricordare le definizioni date nel piano regionale delle acque, all’articolo 6:

-          acque meteoriche di dilavamento: la frazione delle acque di una precipitazione atmosferica che, non infiltrata nel sottosuolo o evaporata, dilava le superfici scolanti

-          acque di prima pioggia: i primi 5 mm di acqua meteorica di dilavamento uniformemente distribuita su tutta la superficie scolante servita dal sistema di colletta mento

-          acque di seconda pioggia: le acque meteoriche di dilavamento che dilavano le superfici scolanti successivamente alle acque di prima pioggia nell’ambito del medesimo evento piovoso

-          acque di lavaggio: acque, comunque approvvigionate, attinte o recuperate, utilizzate per il lavaggio di superfici scolanti

L’articolo 39, al comma 1 del piano regionale delle acque stabilisce che per le superfici scoperte di qualsiasi estensione, facenti parti delle tipologie di insediamenti elencati nell’allegato F, ove vi sia presenza di:

  • depositi di rifiuti, materie prime, prodotti, non protetti dall’azione degli agenti atmosferici;
  • lavorazioni;
  • ogni altra attività o circostanza

che comportino il dilavamento non occasionale e fortuito delle sostanza pericolose di alle tabelle 3/A e 5 del dlgs 152/2006, parte terza, che non si esaurisce con le acque di prima pioggia, le acque meteoriche di dilavamento sono riconducibili alle acque reflue industriali e pertanto sono trattate con idonei sistemi di depurazione, soggette al rilascio dell’autorizzazione allo scarico  ed al rispetto dei limiti di emissione nei corpi idrici superficiali o sul suolo o in fognatura.

L’articolo 39 al comma 2 del piano regionale delle acque stabilisce che chi ha la disponibilità della superficie scoperta può prevedere il frazionamento della rete di raccolta delle acque in modo che la stessa risulti limitata alle zone ristrette dove effettivamente sono eseguite le lavorazioni o attività all’aperto.

Fra le attività dell’Allegato F si trovano quelle di seguito riportate (se ne riportano alcune):

  • impianti di produzione e trasformazione dei metalli
  • impianti di smaltimento di rifiuti, impianti di recupero di rifiuti, depositi e stoccaggi di rifiuti, centri di cernita di rifiuti
  • depositi di rottami
  • impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare con una capacità di consumo di solvente superiore a 150 kg all’ora p a 200 ton. all’anno.

In relazione al comma 1 la delibera della Giunta regionale n. 80/2011 precisa che nel caso di pericolo di dilavamento delle sostanze indicate nel medesimo articolo 39, deve essere previsto di norma il trattamento delle acque di prima pioggia. Peraltro vengono date indicazioni sui contenuti che dovrà trattare la relazione per la richiesta dell’autorizzazione. Vengono date indicazioni su quando deve essere effettuata l’analisi delle acque meteoriche (dopo un periodo di tempo secco ragionevolmente lungo)

In relazione al comma 2  la delibera della Giunta regionale n. 80/2011 viene fatta una specifica riguardante i sistemi di protezione.

L’articolo 39, al comma 3, del piano regionale delle acque stabilisce che nei casi che seguono , le acque di prima pioggia sono riconducibili alle acque reflue industriali. Devono essere stoccate in un bacino a tenuta e, prima dello scarico, opportunamente trattate, almeno con sistemi di sedimentazione accelerate o altri sistemi equivalenti per efficacia; se del caso deve essere previsto anche un trattamento di disolea tura. Lo scarico è soggetto all’autorizzazione che si rinnova tacitamente se non intervengono variazioni significative. Le acque di seconda pioggia non necessitano di trattamento e non sono assoggettate ad autorizzazione allo scarico.

a) piazzali, di estensione superiore o uguale a 2000 metri quadrati, a servizio di autofficine, carrozzerie, autolavaggi e impianti di depurazione di acque reflue;

b) superfici destinate esclusivamente a parcheggio degli autoveicoli delle maestranze e dei clienti, delle tipologie di insediamenti di cui al comma 1, aventi una superficie complessiva superiore o uguale a 5.000 metri quadrati;

c) altre superfici scoperte scolanti, diverse da quelle indicate alla lettera b), delle tipologie di insediamenti di cui al comma 1, in cui il dilavamento di sostanze pericolose di cui al comma 1 può ritenersi esaurito con le acque di prima pioggia;

d) parcheggi e piazzali di zone residenziali, commerciali o analoghe, depositi di mezzi di trasporto pubblico, aree intermodali, di estensione superiore o uguale a 5.000 metri quadrati;

e) superfici di qualsiasi estensione destinate alla distribuzione dei carburanti nei punto di vendita della stazioni di servizio per autoveicoli.

In relazione al comma 3 la delibera della Giunta regionale n. 80/2011 definisce meglio alcuni punti del comma stesso. Importante il passaggio in cui chiarisce che a “riguardo ai sistemi di sedimentazione accelerata, si rimanda alla scelta del progettista”. Inoltre viene chiarito che “riguardo alla disciplina dello scarico delle acque meteoriche  di dilavamento riconducibili alle acque reflue industriali – sottoposte ad opportuno trattamento – in condotte cosiddette “bianche” (ossia destinate al colletta mento delle acque meteoriche), lo scarico in tali condotte è possibile, in via straordinaria, purché l’acqua meteorica di dilavamento sia sottoposta ad idoneo trattamento e rispetti i limiti allo scarico in relazione al corpo recettore della condotta bianca”.

L’articolo 39, al comma 4, del piano regionale delle acque stabilisce che i volumi da destinare allo stoccaggio delle acque di prima pioggia e di lavaggio devono essere dimensionati in modo di trattenere almeno i primi 5 mm di pioggia distribuiti sul bacino elementare di riferimento. Sviluppa poi nel dettaglio gli aspetti relativi allo stoccaggio e alle modalità di rilascio dei volumi di reflui nei corpi ricettori.

In relazione al comma 4 la delibera della Giunta regionale chiarisce che le acque di lavaggio seguono la medesima disciplina delle acque di prima pioggia, quindi devono essere riferite alle medesime tipologie di insediamenti.

L’articolo 39, al comma 5, del piano regionale delle acque stabilisce che per le superfici che seguono le acque meteoriche di dilavamento e le acque di lavaggio, convogliate in condotte ad esse riservate, possono essere recapitate in corpo idrico superficiale o sul suolo, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di nulla osta idraulico e quanto stabilito ai commi 8 (riduzione del 50% entro il 2015 del carico inquinante in termini di solidi sospesi) e 9 (convogliamento in alcuni casi in bacini di raccolta e trattamento a tenuta in grado di effettuare una sedimentazione prima dell’immissione nel corpo ricettore).

a) Strade pubbliche e private;

b) piazzali, di estensione inferiore a 2000 metri quadrati, a servizio di autofficine, carrozzerie, autolavaggi e impianti di depurazione di acque reflue;

c) superfici destinate esclusivamente a parcheggio degli autoveicoli delle maestranze e dei clienti, delle tipologie di insediamenti di cui al comma 1, aventi una superficie complessiva inferiore a 5.000 metri quadrati;

d) parcheggi e piazzali di zone residenziali, commerciali o analoghe, depositi di mezzi di trasporto pubblico, aree intermodali, di estensione inferiore a 5.000 metri quadrati;

e) tutte le altre superfici non previste ai commi 1 e 3.

Tutti gli altri aspetti sviluppati dalla delibera della Giunta regionale sono riferiti ai commi 8,9, 10, e 13, che non riguardano direttamente le aziende se non in maniera marginale.

In relazione al comma 5 la delibera della Giunta regionale n. 80/2011 chiarisce che il rilascio delle acque meteoriche di dilavamento non è soggetto ad autorizzazione né a rispetto dei limiti di emissione, in quanto non trattasi di scarico. Da ulteriori indicazioni al fine di garantire un’adeguata protezione delle acque sotterranee.

Inoltre la delibera regionale con riferimento ai commi 1,2 e 3, chiarisce che i tetti rientrano tra le superfici potenzialmente dilavabili da considerare, al fine del trattamento e autorizzazione delle acque meteoriche, solo se si ritiene che possano esservi presenti sostanze pericolosi provenienti da camini o punti di emissione appartenenti al medesimo insediamento o dal materiale di cui è costituito il tetto stesso.

Art. 40 – Azioni per la tutela quantitativa delle acque sotterranee

L’articolo 40 al comma 1, stabilisce che nei territori ricadenti nelle aree di primaria tutela quantitativa degli acquiferi elencati nell’Allegato E, possono essere assentite esclusivamente le istanze riportate nel comma stesso. Di seguito riportiamo alcune delle istanze in questione (riguardanti le sole aziende private):

  • derivazione di acque sotterranee per uso potabile, igienico sanitario e antincendio, avanzate da soggetti privati qualora relative ad aree non servite da acquedotto;
  • derivazione di acque sotterranee per uso antincendio, avanzate da soggetti privati, qualora non sussistano alternative per l’approvvigionamento idrico necessario;
  • derivazione di acque sotterranee per usi geotermici o di scambio termico, con esclusione dei territori dei comuni riportati in alcune tabelle degli “indirizzi del piano”;
  • derivazione di acque sotterranee per impianti funzionali all’esercizio di un pubblico servizio;
  • rinnovo delle concessioni per qualsiasi uso, senza varianti in aumento della portata concessa, fatte salve le verifiche di sostenibilità con la risorsa disponibile.

La delibera della Giunta regionale n. 80/2011 fornisce alcune precisazioni relative ad alcuni termini:

Uso potabile: – si riferisce esclusivamente alle derivazioni che alimentano gli acquedotti civili o, più in generale, che soddisfano il fabbisogno primario di acqua potabile da parte delle persone, per il consumo diretto della stessa. Inoltre, l’uso potabile non è rinvenibile per le acque che, pur dotate delle caratteristiche qualitative indispensabili per la potabilizzazione, sono utilizzate per altri scopi. Si tratta, ad esempio, dell’acqua per il lavaggio industriale di alimenti e più in generale per l’industria alimentare, oppure per l’abbeveraggio di animali. In questi casi, quindi, si configura rispettivamente l’uso industriale e l’uso zootecnico, ma non quello potabile.

Uso igienico-sanitario: riguarda le derivazioni d’acqua funzionali all’igiene e pulizia di locali, superfici, oggetti e cose, le cui condizioni igieniche, appunto, possono avere riflessi sulla salute delle persone. Detto uso, quindi, può riguardare anche l’acqua non potabile. Ad esempio, riferibili all’uso igienico-sanitario gli allacciamenti di servizi igienici (lavabo, water, ecc.) di qualsiasi edificio.

Le suddette considerazioni attengono solamente l’applicazione delle Norme tecniche di attuazione del Pta mentre, al di fuori di tale ambito (es. canoni e tariffe) valgono, per quanto concerne la classificazione degli usi delle acque, le relative norme di settore

Articolo 42 – deflusso minimo vitale

La delibera della Giunta regionale n. 80/2011 precisa meglio l’intero articolo che è teso a garantire in generale un valore minimo della portata dell’alveo, nelle immediate vicinanze a valle delle derivazioni concesse, non inferiore del valore minimo al deflusso minimo vitale. Precisa inoltre che le licenze di attingimento, che possono essere riferite a corsi d’acqua superficiali, non sono da considerare vere e proprie derivazioni d’acqua né, tanto meno concessioni, ma costituiscono pur sempre una particolare modalità di prelievo d’acqua che avviene senza opere fisse.

  • Data inserimento: 26.02.12