Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se vuoi saperne di più consulta la cookie policy Per saperne di piu'

Approvo

Abrogazione Voucher. Strumenti alternativi per le aziende per gestire la flessibilità del lavoro.

Il D.L. 25/2017 ha interamente abrogato la disciplina sui buoni lavoro. In attesa della definizione di un nuovo strumento da parte del governo, si suggeriscono degli strumenti alternativi per rispondere alle esigenze di flessibilità del lavoro.

Come noto il Decreto Legge 25/2017 ha abrogato, a decorrere dal 17 marzo scorso, l’intera disciplina del lavoro accessorio prevista dal D. Lgs. 81/2015. Il medesimo decreto prevede che, in via transitoria e fino al 31 dicembre 2017, potranno essere utilizzati i voucher già acquistati fino all’entrata in vigore del decreto stesso (17 marzo 2017). Il Ministero del Lavoro, il 21 marzo, ha diramato un comunicato stampa, con l’intento di colmare il vuoto di disciplina applicabile ai voucher già acquistati, chiarendo che per l'utilizzo dei buoni lavoro acquistati, nel periodo transitorio, si dovranno applicare le disposizioni in materia di lavoro accessorio previste nelle norme oggetto di abrogazione da parte del decreto. In altre parole, fino al 31 dicembre 2017, le disposizioni del D. Lgs. 81/2015 sul lavoro accessorio continuano ad essere applicate per l’utilizzo dei voucher già acquistati fino al 17 marzo 2017.

In attesa che il Governo introduca un nuovo strumento di regolazione del lavoro saltuario ed occasionale, di cui non sono note le tempistiche di attuazione, si fornisce di seguito un quadro sintetico degli istituti contrattuali che i datori di lavoro possono adottare per far fronte alle esigenze di flessibilità del lavoro, in sostituzione dei voucher. Nello specifico ci riferiamo a:

 

  • Contratto di lavoro intermittente
  • Contratto di lavoro part-time – variante del part-time nel settore alimentazione e panificazione
  • Contratto di lavoro a tempo determinato
  • Lavoro autonomo con partita IVA
  • Lavoro autonomo occasionale

 

  1. Contratto di lavoro intermittente (o a chiamata)

 

Tale tipologia contrattuale può essere instaurata per lo svolgimento di prestazioni di lavoro di carattere discontinuo per fare fronte ad esigenze di carattere oggettivo, legate cioè alla natura dell’attività lavorativa, individuate dai contratti collettivi. Pochissimi contratti collettivi, ad oggi, regolano tale rapporto di lavoro; nessun contratto collettivo dell’artigianato contiene una disciplina ad hoc. In assenza di normativa contrattuale, per instaurare il rapporto di lavoro a chiamata, è necessario rifarsi all’elenco di attività individuate dal Regio Decreto n. 2657 del 1923, che non sempre si attagliano alle esigenze delle aziende.

 

Inoltre, il contratto di lavoro a chiamata può essere stipulato senza limiti con soggetti con più di 55 anni e con soggetti con meno di 24 anni di età (in questo ultimo caso la prestazione lavorativa deve essere resa entro il venticinquesimo anno di età).

Ricordiamo che, ai sensi del D. Lgs. 81/2015 il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore, con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di 3 anni solari.

Il committente è tenuto, prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, a comunicarne la durata alla sede dell’Ispettorato del lavoro competente per territorio inviando il modello “UNI Intermittente”:

- all'indirizzo Pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;

- tramite il servizio informatico reso disponibile sul portale Cliclavoro;

- inviando un sms al numero 339-9942256 (per le prestazioni che hanno inizio non oltre le 12 ore dal momento della comunicazione, avendo cura di indicare almeno il codice fiscale del lavoratore utilizzato).

La violazione di tale obbligo di comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400, non diffidabile, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.

 

  1. Contratto di lavoro part-time

 

Il contratto di lavoro part-time risponde alle esigenze delle aziende di una maggiore flessibilità della prestazione lavorativa attraverso le c.d. clausole elastiche. Con tali clausole (stipulate per iscritto) le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, infatti, concordare la possibilità di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero la sua durata. Tutti i contratti collettivi artigiani regolano le clausole elastiche nel rapporto di lavoro part-time, definendone maggiorazioni e termini di preavviso per il loro utilizzo da parte del datore di lavoro.

Nel caso in cui il contratto collettivo applicato dall’azienda non disciplini le clausole elastiche supplisce la normativa di legge, la quale prevede la necessaria pattuizione delle clausole dinnanzi alle commissioni di certificazione (il datore di lavoro non può introdurre e/o esigere arbitrariamente le clausole), fissa limiti di utilizzo e stabilisce, nel caso di reale variazione dell’orario di lavoro, una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell'incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.

 

  1. Contratto di lavoro part-time con orario sperimentale (c.d. PTOS) – CCRL alimentari e panificatori

 

Il CCRL dei settori alimentazione e panificazione (al momento l’unico contratto collettivo che lo disciplina) regola una particolare tipologia di contratto di lavoro part-time, definito PTOS (contratto part-time con orario sperimentale).

Con tale contratto – che deve essere stipulato in forma scritta – si pattuisce una prestazione lavorativa non inferiore a 16 ore mensili (due giornate a tempo pieno), da distribuire nel mese secondo le esigenze dell’impresa. Tali ore devono essere garantite e realmente effettuate.

Nel contratto possono essere pattuite clausole elastiche di variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa o di variazione della durata della stessa. Attivando tali clausole l’azienda potrà richiedere la prestazione lavorativa fino a coprire tutte le giornate lavorative del mese, fermo restando il previo accordo con il dipendente. Quest’ultimo ha diritto di richiedere la revoca delle clausole con preavviso di almeno 15 giorni nei casi previsti dalla normativa vigente.

Nel PTOS, a differenza del part-time “ordinario”, l’utilizzo delle clausole elastiche non dà luogo alla maggiorazione del 15% prevista dal CCNL, sostituita da un’indennità annua (di un importo massimo di 100 euro) non incidente sugli istituti legali e contrattuali indiretti e differiti, compreso il TFR.

Tale tipologia contrattuale:

- Non può essere utilizzata per instaurare rapporti di lavoro in apprendistato;

- Può essere adottata solo dalle imprese in regola con i versamenti EBAV e SANI.IN.VENETO.

- L’impresa deve versare per intero le quote di contribuzione EBAV indipendentemente dal numero di ore svolte nel mese.

Sotto il profilo operativo, l’azienda può assumere il dipendente con orario minimo di 16 ore mensili (basterà indicare ad es. i primi due giorni del mese oppure il venerdì e sabato della prima settimana del mese etc.…) poi

a seconda delle necessità dell’azienda, si potrà estendere l’orario fino al limite del tempo pieno. Questo strumento può essere efficace laddove l’azienda è sicura che il lavoratore potrà essere impegnato almeno 16 ore al mese.

 

 

  1. Contratto di lavoro a tempo determinato

 

L’azienda, che ravvisi la necessità di sopperire ad esigenze temporanee di pochi giorni (anche 1/2 giorni), può instaurare un rapporto di lavoro a termine. Il D. Lgs. 81/2015 riconosce tale ipotesi ed esonera i rapporti di lavoro a termine di durata non superiore a 12 giorni dalla forma scritta del contratto. Il contratto instaurato soggiace integralmente alla disciplina del rapporto a tempo determinato prevista dal D. Lgs. 81/2015 (si computa nella durata massima dei 36 mesi, vale la regola del periodo di raffreddamento tra un contratto ed il successivo etc.).

Si fa presente che, per i soli i datori di lavoro dei settori del turismo e dei pubblici esercizi è consentito assumere a termine personale per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni. Tale particolare tipologia di contratto a termine (definito “extra” o “di surroga”) è espressamente esclusa dal campo di applicazione della disciplina sul contratto a tempo determinato di cui al D. Lgs. 81/2015 (non computo nel limite massimo di durata dei 36 mesi, no limite delle 5 proroghe/rinnovi etc.).

Secondo le indicazioni del Ministero del Lavoro, possono instaurare tale tipologia di rapporto a termine:

- i datori di lavoro che, indipendentemente dal CCNL applicato, sono iscritti alla Camera di Commercio con il settore Ateco 2007;

- i datori di lavoro che, pur non rientrando nella classificazione Ateco 2007, svolgono attività proprie del settore turismo e pubblici esercizi, applicando i relativi contratti collettivi.

 

 

  1. Lavoro autonomo con partita IVA

 

L’art. 2222 del Codice Civile detta la definizione di contratto d'opera, individuando quale lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere, dietro un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.

A caratterizzare questa tipologia di contratto è proprio la mancanza del vincolo della subordinazione, inteso come assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro.

I principali indicatori di genuinità di un contratto di lavoro autonomo vanno individuati nelle modalità di svolgimento della prestazione e nell'assunzione del rischio da parte del prestatore, il quale in caso di mancato raggiungimento del risultato, con la mancata produzione dell'opera o del servizio richiesti, non dà diritto ad alcun compenso pattuito.

La prassi ha nel tempo riconosciuto ulteriori indicatori sussidiari, quali:

- l'esecuzione o meno del lavoro con mezzi del datore di lavoro;

- l'osservanza di un orario prestabilito di lavoro;

- il pagamento della retribuzione a scadenze fisse.

L’attivazione di questa tipologia contrattuale presenta notevoli margini di rischio, specie nei casi in cui di fatto copra una prestazione di lavoro subordinato; va pertanto valutata, nei casi in cui la prestazione lavorativa è caratterizzata da una rilevante autonomia e si svolge senza particolari vincoli nei confronti del datore di lavoro.

 

  1. Collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto

 

Anche il lavoro autonomo occasionale è caratterizzato dalla mancanza del vincolo di subordinazione fra prestatore di lavoro e committente. In genere la collaborazione occasionale riguarda attività che non vengono svolte nell’ambito del ciclo produttivo del committente e si caratterizza per non abitualità della prestazione svolta, che dovrà rimanere entro i limiti di 30 giorni l’anno di prestazione effettiva e di 5.000 euro di compenso annuo.

Al compenso erogato deve essere applicata una ritenuta d’acconto del 20% all’atto della percezione del compenso. L’attività occasionale può essere esercitata senza l’apertura della partita Iva e senza l’obbligo di tenuta di libri e registri contabili.

Al pari del lavoro autonomo con partita Iva, anche la collaborazione occasionale presente rilevanti margini di rischio, trattandosi di un lavoro autonomo che in realtà spesso maschera prestazioni di lavoro subordinato. Può essere suggerito per quelle prestazioni meramente occasionali che si svolgono per un breve periodo, possibilmente per attività che non sono strettamente legate al ciclo produttivo.

  • Data inserimento: 29.03.17